mercoledì 3 ottobre 2012

Archivio delle idee/ 09


[…]
“Gli Atridi! Si sono scritti libri magnifici con le loro storie! Ah, voi siete superbi, tutti, nelle vostre biblioteche! La Tragedia, ecco quello che più adorate. Insieme ai giochi di Olimpia, è diventata una specialità greca. Che sia Eschilo o  Euripide, non vi basta mai! Gli dèi hanno le spalle larghe, ci spingono, è il Destino, non possiamo fare nulla contro di loro. Ma se solo vi sfiora, voi o chi vi è caro, fuggite, lanciando grida da vergini affrante: “È terribile! Basta! Basta!” Ma la tragedia, fatta eccezione per quelli che non hanno vissuto, non è fatta di parole scritte su fogli di papiro, no: la tragedia è dolore, è morte, è l’ineluttabile, l’impossibilità di tornare indietro, di cancellare ciò che è stato, è pagare le conseguenze sino in fondo. È il dolore inesauribile.”

Da La chioma di Berenice
Di Denis Guedj

martedì 11 settembre 2012

Luoghi/ Costano (ancora prima di essere casa)





Riportando un po' di ordine nel vecchio studio fotografico sono riemerse queste tre stampe, risalenti al 1999 o 2000. Questa è la fase di rilievo del primo lavoro che feci. Nel gruppo di lavoro il mio apporto fu principalmente fotografico ma, fortunatamente, non limitato a questo. La fotografia digitale era ancora agli albori e queste cose ancora si facevano 'a mano', con tempi estremamente dilatati rispetto a quelli attuali. Non so se questo era meglio o peggio. Mi sembra però che fosse più sostenibile con l'incedere naturale dell'esistenza. L'emersione dell'immagine latente, sulla vaschetta dello sviluppo, seguiva un po' la naturale morfogenesi delle idee e dei pensieri che fiorivano nelle nostre teste.

giovedì 7 giugno 2012

Progetto per un edificio commerciale e terziario/ Bastia Umbra

L’occasione di recuperare il sedime urbano che si affaccia sulle due piazze principali del centro storico di Bastia, costeggiando Via Gambara, offre l’opportunità di un intervento che, rimanendo di natura architettonica, coinvolga l’intero spazio pubblico urbano della città.
Le intenzioni progettuali, orientate a tale scopo, si sono quindi concretizzate nella ricerca di una forma architettonica in grado di sfruttare al massimo l’area di sedime, con una presenza capace di ripristinare e salvaguardare gli spazi pubblici della vera e propria città.
Facendo un’analisi percettiva dello stato di fatto del contesto si può notare come ogni edificio, indipendentemente dall’altezza che esso raggiunge, partecipa alla formazione di una quinta di separazione tra Piazza Mazzini e le vie retrostanti. Se da un lato, questa disposizione, può dirsi positiva, in quanto descrive in modo molto definito lo spazio urbano, da un altro essa può dirsi penalizzante, poiché la frammentazione e la separazione degli ambiti urbani rende meno permeabile e accessibile il tessuto pubblico urbano nella sua interezza.
Quest’ultima considerazione è particolarmente evidente nella valutazione dello stato di fatto dell’area oggetto di intervento: su quel fianco di Piazza Mazzini, infatti, la disposizione degli edifici funge da barriera percettiva e di percorrenza nei confronti dell’ ambito urbano retrostante di Piazza Franchi che, recuperata e riaperta al pubblico da pochi anni, rappresenta l’altro spazio urbano principale della città.









 Il progetto si è quindi basato sull’intenzione di definire un edificio in grado di riallacciare i legami urbani e di riaprire la percezione degli spazi pubblici. A tale scopo, facendo salva la necessità di sfruttare il sedime dell’edificio precedentemente esistente, il volume architettonico di progetto si definisce come un prisma stereotomico, dalla forma lineare e concreta, la cui pelle di rivestimento è giocata in un’alternanza di pieni e vuoti, di superfici opache e trasparenti che, non dissimulando la presenza fisica e tangibile dell’architettura, renda quest’ultima subordinata alla percezione unitaria degli spazi urbani contermini.






 La rarefazione degli elementi strutturali e la trasparenza, quasi totale, dell’involucro architettonico, ai primi due piani, è orientata a tal fine: all’annullamento integrale della costruzione e al recupero del rapporto visivo tra le parti della città che ad oggi risultano nascoste e separate.
Ai piani superiori il rapporto tra opacità e trasparenze dell’involucro cambia, trovando nuove configurazioni e proporzioni, questa volta più legate agli spazi interni dell’edificio. I due fronti prospettanti su Piazza Mazzini e Piazza Franchi vengono mantenuti completamente vetrati con l’utilizzo di un infisso che, diverso da quello dei piani sottostanti, definisce una scansione ritmica più serrata dei piani di facciata. Sulla composizione di questi due fronti principali si inseriscono, come intarsi, due piani di calcestruzzo a faccia a vista, che definiscono l’ingresso all’attività commerciale (lato Piazza Mazzini) e il vano ascensore (lato Piazza Franchi). Lateralmente invece, sul lato di Via Gambara, l’edificio ritrova una sua opacità e pienezza geometrica con un rivestimento in ottone brunito, adottato come rivestimento della parete di facciata e per i pannelloni scorrevoli di oscuramento delle finestre laterali.


















progettazione architettonica/ fabrizio milesi + carlo antonelli
edificio commerciale e terziario
bastia umbra/ pg
06/2011

sabato 31 marzo 2012

Diario/ Intuizione di una notte di marzo


Ho aperto gli occhi. E ho avuto l’intuizione.
Oppure ho avuto l’intuizione nel sonno e mi sono svegliato.
Adesso è difficile dirlo perché l’attimo è passato, però è stato come se mi fossi svegliato tramite un interruttore.
Click.
Occhi aperti. Occhi spalancati. Cervello in moto.

Non ho mai messo a fuoco il perché mi piacessero molto i flashmob.
Voglio dire: cercando di analizzare il mio entusiasmo la prima volta che li vidi, ma anche nelle volte successive, non sono mai riuscito ad afferrare con ragione il perché del mio godimento.
Per godimento non intendo il piacere visivo, il compiacimento dell’occhio, la bellezza nell’osservazione di un fenomeno; per godimento intendo l’entusiasmo profondo di carattere fisico, quello che prende lo stomaco, il cuore, un angolo remoto del tuo organismo (ammesso che esso sia prismatico) e che da lì fa fremere tutto il ‘fremibile’… trasmettendo una positività ed un ottimismo ingiustificato.

Dopo tante spiegazioni cercate ed elaborate con lucidità, in una mattina di marzo: click.
Capito tutto.
Perché poi quando hai un’intuizione, che allinea tanti punti che precedentemente avresti giudicato poco imparentati tra loro, tutto appare chiaro ed estremamente logico. Quasi inevitabile.
Una retta infinita si illumina nella nebulosa del pensiero e alcuni granelli di quel pulviscolo caotico diventano le crune che guidano la proiezione di un significato.

L’intuizione è stata questa:
assimilare questa cosa…

via: Flickr   autore: Fercq
http://www.flickr.com/photos/menjy/5068048807/lightbox/

via: Flickr   autore: HardieBoys
http://www.flickr.com/photos/jlpt/5173397165/lightbox/


…a quest’altra.

immagine tratta dal film GENESIS
regia: Claude Nurisdany

immagine tratta dal film GENESIS
regia: Claude Nurisdany


Se uno ci pensa bene, al di là di quello che vediamo nelle fotografie, queste due cose non sono molto diverse tra loro. Cerco di spiegarmi meglio.
Molti ‘esperti’ ritengono che la vita si sia formata grazie ad una accidentalità della materia. All’origine dell’universo, in un rimescolamento caotico, di natura chimico-fisica, l’aggregazione delle sostanze ha formato delle associazioni molecolari dotate di stabilità e quindi di forma. Alcune di queste forme sono state il ‘prototipo’ della vita, grazie ad un ulteriore carattere che possedevano e che consisteva nella mutabilità morfologica, nella capacità progressiva di sostituire e variare le componenti di questa struttura senza comprometterne l’equilibrio generale.
Le prime forme di vita avevano una struttura molto semplice, tant’è che si identificano con gli organismi unicellulari. Forme di vita più complesse sono apparse solo successivamente e grazie ad un livello di aggregazione superiore, questa volta non riguardante la scala molecolare ma quella più macroscopica di natura cellulare. Una complessità superiore della vita deriva quindi da un ‘associazionismo’ orizzontale e cooperativo tra organismi semplici, esistenzialmente minimi, che non rispondo ad ordini imposti da livelli sovraordinati o ad una organizzazione di tipo gerarchico-piramidale, bensì ad una loro spontanea propensione nell’associarsi con altri individui a loro simili, per generare una struttura formale in grado di accoglierli in una condivisione di intenti, il cui principale scopo è quello, ricorsivo, di proteggere essi stessi e conservare la VITA di cui essi sono portatori.
Beh, questa cosa qui, questa morfo-genesi, questo spettacolo della vita che si sviluppa partendo da zero, oltre ad appartenere alla biologia, mi sembra di vederla anche nell’ambito sociale, attraverso queste forme di partecipazione che sono i FLASHMOB.
Ho capito insomma che la visione dello spettacolo offerto da queste persone, è per me equivalente al vedere nel microscopio tanti piccoli organismi individuali che associandosi sviluppano la vita, e la conservano e la proteggono e la estendono oltre i confini pre-impostati dalla loro individualità.
Mi piace il flashmob perché esso, più e meglio di altre forme espressive, incarna profondamente il valore della vita, dal suo grado zero, corrispondente al caos, al suo grado massimo, corrispondente alla forma associativa stabile, condivisa e visibile.
Come l’associazione cooperativa degli organismi unicellulari ha permesso lo sviluppo di forme viventi più complesse, compreso l’uomo, l’associazione che si crea tra i componenti dei flashmob sviluppa dei legami sociali inconsueti e forse più evoluti rispetto a quelli canonici che siamo abituati a vedere nei nostri contesti esistenziali: il nostro status di cittadini, oppure quello di dipendenti aziendali, ci inserisce in un contesto sociale in cui le relazioni tra individui si esprimono attraverso la forma piramidale, con pochi che comandano e molti che obbediscono, e dove le informazioni circolano attraverso formule impositive unilaterali, tipo: ‘DEVI FARE QUESTO’; Il flashmob al contrario è una forma evoluta di socialità in cui ognuno liberamente decide o meno di partecipare; in cui le informazioni circolano in modo orizzontale, propositivo e multidirezionale; in cui c’è un riconoscimento spontaneo del proprio ruolo nel disegno generale e dove soprattutto c’è una volontà di condivisione con gli altri che si concretizza in organismi sociali veri e propri, seppur effimeri.

domenica 25 marzo 2012

Concept/ Organizzare

Appunti provvisori per una buona organizzazione:
• individuare i singoli componenti di un dominio;
• estrapolare le qualità di ogni componente, in modo che esso sia riconoscibile anche attraverso una sintetica descrizione;
• includere ogni componente che presenti simili caratteristiche in un gruppo, di grado subordinato a quello generale;
• disporre ogni sottogruppo che viene a crearsi in una griglia/matrice mnemonica;
• verificare che il disegno e la disposizione della matrice rendano l'accesso a questa semplificato e se possibile, disporre la sequenza dei gruppi in una successione in cui siano ridotte le variabili di cambiamento tra gruppi contigui.